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Stupro, Andrea Sales: “Educarci all’affettività e #nelfrattempo fare attenzione”

Intervista allo psicologo e psicoterapeuta, volto social e tv, alla ricerca di un senso per i crimini sessuali

Intervista allo psicologo e psicoterapeuta, volto social e tv, alla ricerca di un senso per i crimini sessuali

Insieme a “cambiamento climatico”, “stupro” è forse la parola più pronunciata da conduttori, giornalisti e opinionisti. Spesso usata con poca delicatezza e attenzione, porta nelle case storie di degrado e sofferenza. Gli ultimi due casi a suscitare indignazione e dibattito sono lo stupro di gruppo di Palermo e quello ai danni di due cuginette nel Parco Verde di Caivano.

Ma in una società imbevuta di patriarcato, dove anche le parolacce sono sessualizzate, basta un attimo per trasformare le vittime in carnefici. Gli opinionisti parlano di istigazione. Danno consigli alle donne su come limitarsi per proteggersi. Su come non aizzare “l’istinto incontrollabile del maschio predatore”. Parole che danno voce a stereotipi e luoghi comuni, sminuendo il ruolo cruciale che la società civile ha dimenticato di avere: quello di educazione e orientamento.

Cos’è lo stupro e perché accade? Ma soprattutto, come difendersi e come creare una società dove non aver paura di camminare per strada indossando short o minigonne? L’abbiamo chiesto ad Andrea Sales, psicologo psicoterapeuta, docente universitario e formatore aziendale.

Andrea, cominciamo.
Sì, ma prima devo fare una premessa.

Dimmi.
Si sente spesso parlare di stupro e relazioni sentimentali, insieme. Facciamo un po’ d’ordine: una relazione sana prevede il rispetto tra le persone. Una relazione malsana, invece, prevede che ci sia una forma di asimmetria e di controllo di uno sull’altro. Il controllo può manifestarsi in tanti modi. Dal “Non puoi uscire” al “tu sei mia”. In un rapporto come questo, la sessualità diventa un atto egoistico, mentre dovrebbe essere condivisione.

In una relazione sana e funzionale, la sessualità è uno dei “modi” con cui mi occupo del benessere dell’altro, sapendo che l’altro si occuperà del mio di benessere: una reciprocità relazionale, in base alle differenze tra i partner. So che quello che faccio all’altro fa star bene anche me. Nel rapporto malsano, mi occupo solo di me: è un atto egoistico. Non è necessariamente uno stupro, però. Lo stupro è una terza categoria rispetto alle situazioni descritte.

E cos’è allora lo stupro?
Un atto di forza, di potere assoluto. Faccio di te quello che voglio perché sono il padrone. L’intenzione, poi, diventa atto sessuale. E possiamo anche aggiungere che il potere ha tre volti: la molestia, l’abuso e lo stupro. Anche qua ha senso fare un po’ di ordine.

Cos’è la molestia?
È quando ti vedo per strada e faccio catcalling o quando in ufficio insisto con battute sessualizzate o con allusioni continue. Un atto per la maggior parte delle persone apparentemente innocuo, ma sul lungo periodo pesante. È la goccia d’acqua che scava la roccia, perché la molestia verbale può essere reiterata e insinuarsi nelle convinzioni della vittima. La molestia è una violenza psicologica.

Poi c’è l’abuso, dove la forma di violenza psicologica diventa fisica, superando ogni forma di rispetto. Accade anche nelle coppie, quando una delle due persone, generalmente la donna, non vuole sottostare alle esigenze del partner e avere rapporti sessuali.

Che differenza c’è con lo stupro?
Lo stupro è un atto sessuale completo non consensuale. Il discrimine è dato da consenso e coscienza, da parte della vittima. Nel parlare comune, si intende per stupro quella violenza che avviene per strada, in situazioni eccezionali e comunque fuori da ambienti famigliari. In realtà, i dati sono diversi e ben più allarmanti: le molestie avvengono fuori di casa, ma gli abusi avvengono principalmente da parte di famigliari. E questi abusi diventano stupro. Come se, terribile anche solo scriverlo, la cosa fosse autorizzata da un grado di parentela e quindi di possesso!

Chi sono le vittime di oggi? E i carnefici? Facciamo un identikit.
C’è un dato da citare.

Prego.
Secondo una statistica ISTAT del 2015, il 31,5% delle donne, tra i 16 e i 70 anni, è stata, ed è tuttora, vittima di molestie e abusi sessuali. Storicamente sono fenomeni che esistono da sempre. La differenza vera tra ieri e oggi non è l’età di vittime e carnefici, ma il fatto che se ne parli. È aumentata la condivisione di questi atti: canali telegram, chat di whatsapp, scambio di video, revenge porn! La violanzione della privacy e la violenza vengono vissute come “figata da raccontare sui social”. È un effetto dell’abbassamento verticale del livello di scolarizzazione. L’andar male a scuola è figo. Sparare pallini alla prof è figo. Lo stupro è figo perché faccio il video in cui racconto che l’abbiamo “trattata come una cagna”, citando gli ultimi eventi. Tutto questo degrado ha origini non troppo lontane.

Un colpevole tra gli altri?
Non c’è un colpevole, ma è un insieme di concause. La violenza asimmetrica c’è sempre stata: la guerra ha da sempre generato lo stupro, come dimostrazione di potere acquisito, di diritti sul conquistato. La cultura maschilista ha radici ben lontane, nella storia. Quello che fino al 1981, anno in cui viene abrogato il delitto d’onore, era comunemente accettabile, ora sta cambiando. La donna non è più “una proprietà maschile”, cosa che è stata considerata “normale” da sempre. Se volessimo però individuare tre fattori recenti, direi l’aumento di un individualismo machista, una sempre più bassa scolarizzazione e una televisione commerciale degli anni Ottanta, che ha ripreso a vendere i corpi delle donne senza il loro consenso.

Nella tanto citata “cultura dello stupro”, la violenza sessuale è considerata comune e si ritiene che pratiche e atteggiamenti dei media normalizzino, minimizzino e incoraggino lo stupro e altre violenze sulle donne. Oggi la parola stupro è accompagnata da indignazione mediatica, che però non frena i fenomeni. Le pagine di cronaca ne sono piene. C'è chi, come Andrea Giambruno, sente il "dovere" di mettere in luce che “Se vai a ballare hai tutto il diritto di ubriacarti, però se eviti di perdere i sensi magari eviti di incorrere in determinate problematiche e rischi che il lupo lo trovi”, ribaltando la colpa sulla vittima e dipingendo gli uomini come lupi dall'istinto incontrollabile. Prospettiva offensiva per entrambi i generi. Cosa si può fare per arginare le violenze sessuali?
Vorrei risponderti con un hashtag.

Quale?
#Nelfrattempo.

Cosa significa?
Siccome oggi il maschio non è educato al rispetto della libertà femminile, è meglio fare attenzione. Quindi, educhiamo tutte le persone al rispetto e all’empatia. Maschi e femmine, padri e madri, uomini e donne. Ma anche insegnanti, imprenditori e imprenditrici, parroci e suore, allenatori e allenatrici, attori e attrici e così via. E prima di educare le persone, dobbiamo educare gli educatori. Un lavoro enorme che richiede tempo. Nel frattempo, provo anche a estendere il concetto espresso poco sopra, parafrasandolo: siccome oggi le persone non sono educate al rispetto della libertà dell’altro, è meglio fare attenzione. Nel frattempo, tu andresti in un quartiere malavitoso e malfamato di una città a rischio con il tuo orologio da 500.000 euro al polso?

Vuoi dire che le donne non possono vestirsi o comportarsi come vogliono?
No, non voglio dire questo, ma bisogna tenere in considerazione il contesto reale in cui viviamo, i rischi concreti che le donne affrontano in misura maggiore rispetto agli uomini, in un mondo che non è ideale.

Il non bere non è garanzia di non stupro e in un mondo perfetto una donna, ma anche un uomo, in stato alterato di coscienza viene accompagnata a casa. In questo mondo non è ancora così purtroppo e bisogna farci i conti. Questo non rende in nessun modo la donna che beve due bicchieri in più colpevole e in nessun modo l’uomo che ne approfitta meno colpevole, anzi lo rende ancora più colpevole. Quindi, #nelfrattempo, aspettando che la società si evolva, sentiamoci liberi di andare in giro come vogliamo, ma facciamo attenzione perché ci sono tante persone che non sono state educate. Dobbiamo educare tutti. E in questo obiettivo, la volontà politica conta tantissimo. Come dicevo poco fa, educare all’empatia, al rispetto dell’altro, a saper affrontare la frustrazione, a riconoscere diritti e doveri, al senso civico, è fondamentale già a partire dall’asilo.

Cosa devono fare i media per essere davvero al servizio della causa?
Bisogna prendere coscienza che esistono due tipi di giornalista: il cronista e l’opinionista. Il primo dovrebbe descrivere il fatto così com’è. Il secondo esercitare il proprio diritto di opinione sul fatto. Tuttavia, dato che la gente cerca la notizia pruriginosa da consumare in fretta, il cronista si trova costretto a tagliare il racconto in modo da poter acchiappare il click. Guardando il profilo TikTok della vittima dello stupro di gruppo di Palermo, è facile vedere che questa ragazza non ha coscienza di ciò che comunica. Il giornalista può approfittarne e mettere in evidenza questa sua debolezza. Ma la verità ce la danno i risultati nazionali dell’ultima prova Invalsi.

E cioè?
Che il 50% dei ragazzi non capisce l’italiano. Ancora una volta, c’è una mancata comprensione della lingua, delle parole che usiamo e, non ultima, della realtà.

È necessario quindi ripartire dall’educazione, ma nelle nostre scuole si ha paura di inserire l'educazione sessuale, di parlare di cultura di genere, lasciando gli adolescenti davanti a un unico educatore: lo schermo, attraverso il quale si accede al romanticismo, ma anche al porno. Cosa fare per orientare l'opinione pubblica su cosa è davvero l'educazione sessuale, per dare agli uomini e alle donne di domani gli strumenti giusti per vivere una relazione sana?

Più che di sessualità, sono necessari corsi di affettività, in cui si insegna ai ragazzi a riconoscere le emozioni e a gestirle. Quando so dare un nome a ciò che provo, inizio a costruire il mio mondo sentimentale. L’educazione deve essere orientata a questo, poi al sentimento e alla sua declinazione verso l’amore, l’amicizia e altro.

Ci sono scuole europee che fanno corsi sull’empatia, mentre i ragazzi di oggi non sanno nemmeno cosa sia. Preferiscono frequentare corsi su cosa come fare business e diventare ricchi in un anno. Abbiamo creato un sistema per fottere la gente, in cui conta solo il breve termine, solo l’avere tutto subito. Ci vogliono professionisti skillati. Bisogna strutturare un percorso a livello ministeriale allineato in tutta Italia, che operi in continuità perché la formazione all’affettività e alla sessualità non può essere più un’attività accessoria. E nel frattempo, mentre educhiamo le persone al rispetto e all’onestà, tu ci andresti con il tuo orologio da 5.000 euro al polso, in quel quartiere malfamato?