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Siti hot: l’accesso con lo SPID serve davvero a qualcosa?

Pensato come una barriera per i minori, questa soluzione rischia di minare la privacy degli utenti e di porre una barriera digitale

Pensato come una barriera per i minori, questa soluzione rischia di minare la privacy degli utenti e di porre una barriera digitale

Anche lo “svago per adulti” ha le sue norme. Infatti, dal 12 novembre 2025 i siti pornografici, da Pornhub a OnlyFans, sono obbligati per legge a chiedere una verifica dell’età forte e consolidata. Se prima bastava cliccare “sì” alla finestra in cui si chiedeva “Hai più di 18 anni?”, oggi bisogna fare un passo in più: autenticarsi con lo SPID. Insomma, sembra che la burocrazia sia riuscita a mettersi persino in mezzo ai nostri istinti più viscerali. Ecco come funziona e se serve davvero a qualcosa.

SPID e siti hot: come funziona

Alla base di questa trovata c’è il nobile obiettivo di proteggere i minori dai contenuti inadatti. Un intento encomiabile, certo. Ma la domanda che torna sempre è: funziona davvero? Ma prima, un ripasso.

Lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) nasce come strumento per garantire sicurezza e autenticità nell’accesso a piattaforme governative e servizi pubblici. È un’identità digitale pensata per semplificarci la vita, ma che in questo caso punta anche a preservare i più fragili.

Il sistema richiede, innanzitutto, che tu abbai già attivato il tuo SPID. Seconda condizione: il portale hot deve essere una piattaforma che si impegna ad aderire alla normativa di verifica. Quindi molti siti stranieri, piattaforme di streaming erotico o di contenuti per adulti non sono tenute ad adottare queste misure. Gli utenti, ovviamente, troveranno sempre una strada per aggirare questi limiti. VPN, siti senza verifica, account di terze parti… Insomma, è come combattere un’idra digitale: tagli una testa e ne spuntano altre dieci.

La critica più roboante all’iniziativa è racchiusa in una sola parola: praticità. L’obiettivo di proteggere i minori è lodevole, ma lo SPID è davvero una barriera efficace? La risposta, purtroppo, non è incoraggiante. I giovani utenti sono abilissimi nell’aggirare le restrizioni informatiche, pensate da Boomer o Millennials affaticati. Se vogliono accedere a un contenuto, trovano il modo di farlo. SPID o non SPID.

E la privacy?

Forse, più che a proteggere i più giovani, serve a estendere il controllo sulla vita degli adulti. Già perché uno dei temi ancora poco esaminati in merito a questa misura è l’accesso diretto che lo SPID permette all’identità di chi lo usa per navigare sui siti hot. Le media company sapranno in tempo reale chi usufruisce dei propri contenuti. E questo è un problema che sta alimentando il dibatti attorno a questa decisione e potrebbe far crollare le visualizzazioni di questi portali.

In realtà, il sistema rispetta un doppio anonimato: "chi verifica la tua età non sa a quale sito accederai, e la piattaforma non conosce la tua identità", ha spiegato Massimiliano Capitanio, Commissario AGCOM, intervistato dal direttore di Skuola.net.

In buona sostanza, è previsto che un ente terzo certificato dalla Privacy controllerà l’età dell’utente tramite un token, un QR code o un sistema collegato alla SIM del cellulare. Quel token, che è anonimo, servirà solo a certificare la maggiore età del soggetto, senza menzionare altri dati come nome e cognome.

“Non succederà tutto all’improvviso – ha sottolineato Capitanio - Servirà del tempo perché le piattaforme si adeguino alla tecnologia richiesta, ma la vigilanza comincerà subito”. Se può consolarci, anche in Danimarca, Francia, Grecia e Spagna si sta lavorando nella stessa direzione.

Tuttavia, benché l’iniziativa sia pensata per tutelare i minori che accedono agli smartphone sempre più precocemente, non sarebbe più utile investire in educazione digitale, emotiva e sessuale, insieme a campagne di sensibilizzazione sul tema della pedo-pornografia? Perché se manca consapevolezza, nessuna barriera sarà mai abbastanza alta.

Foto di apertura: Freepik