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A chi dobbiamo la nostra Fedeltà?

Su Netflix è disponibile la serie tv ispirata all'omonimo romanzo di Marco Missiroli. Ve la raccontiamo attraverso alcune domande importanti che forse tutti dovremmo porci.

Su Netflix è disponibile la serie tv ispirata all'omonimo romanzo di Marco Missiroli. Ve la raccontiamo attraverso alcune domande importanti che forse tutti dovremmo porci.

«A chi dobbiamo la nostra fedeltà?». Inizia così la prima lezione del corso del professor Carlo Pentecoste, protagonista della miniserie Fedeltà, tratta dall'omonimo romanzo di Marco Missiroli e prodotta da Netflix. Nel lanciare questo interrogativo, Carlo ci costringe a guardare negli occhi il concetto di fedeltà e il suo contrario, l'infedeltà. Disponibile su Netflix dal 14 febbraio (non a caso), vi raccontiamo la serie tv interpretata da Michele Riondino e Lucrezia Guidone partendo da alcune semplici domande.

Fedeltà: la trama

Carlo, professore part-time di scrittura creativa, e Margherita, architetto divenuto agente immobiliare, stanno insieme da molti anni. Sono innamorati. Si concedono scappatelle proibite tra un appuntamento e l'altro di lei. Si confidano fantasie sessuali. Ma ad un certo punto i loro desideri sembrano allontanarsi. Lui si invaghisce di una delle sue studentesse, Sofia. Lei si lascia turbare dal suo fisioterapista, Andrea. Margherita inizia a coltivare il sogno di acquistare un appartamento nel cuore di Milano per rafforzare il loro rapporto. Ma un “malinteso” spariglierà le carte in tavola e quelle mura diventeranno il punto di partenza per porsi una serie di domande sulla fedeltà, all'altro e soprattutto a sé stessi.

Com’è la serie

Fedeltà è una serie dedicata al racconto della retorica del desiderio: lo rivelerà Missiroli stesso, protagonista di un delizioso cammeo in uno degli episodi. Il libro si era spinto ben oltre il “malinteso”, esplorandone tutte le pieghe distese in un tempo più lungo, che contempla la maternità di Margherita e la morte di Anna, madre e confidente della coppia. Ma la serie si ferma prima. In più, si fa brutale nell'esplicitare atti che nel libro richiedono molte pagine.

In Fedeltà, i tradimenti consumati, l'allontanamento, i pentimenti e le evoluzioni sono esasperati. Il libro, al contrario, indugia sulle incertezze e le indecisioni, oltre a raccontare la necessità e la voglia di non mandare tutto all'aria in favore di una prospettiva più lunga.

Michele Riondino, che interpreta Carlo Pentecoste, e Lucrezia Guidone, che dà volto e fisicità a Margherita Verna, sono una coppia perfetta sullo schermo. La loro intesa è visibile nei turbamenti, nella passione e nel desiderio, sempre sotteso sia alla fedeltà che al tradimento. Anna (Maria Paiato) è la dimostrazione che a volte la bilancia delle storie non è sempre dentro la coppia. E non è un caso che sia una sarta, perché cuce e ricuce diversi rapporti, compreso il suo con il marito ormai defunto.

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A chi dobbiamo la nostra fedeltà?

Carlo Pentecoste fa questa domanda ai suoi studenti. Nella sua mente si gingilla con un rapporto in bilico tra tentazione e rigore con Sofia Casadei, brillante studentessa il cui pensiero lo insegue. L'interrogativo con cui si apre la serie è il punto di partenza di ogni tradimento. Quando la tentazione bussa alla nostra vita, ci poniamo questo interrogativo quasi come a voler giustificare la tensione verso l'altrove.

Sei felice?

«Ma che domanda è?», risponde Carlo a Margherita, che lo interroga nel buio, prima di dormire. Una risposta che sembra solo un voler liquidare nel buio un interrogativo a cui troppo spesso abbiamo paura di rispondere. Forse Margherita non è molto felice della sua vita (poi si capisce perché). Ma anche solo porsi questa domanda, come una sorta di revisione periodica dei sentimenti, è il punto di partenza di una crepa in una superficie apparentemente solida. È lo spazio che si apre per far posto ad altro. Ad altri.

Avete scopato?

Nel racconto del “malinteso”, che Carlo mette davanti a ogni sospetto o pettegolezzo, in modo preventivo, la preoccupazione di Margherita va al suo campo di gioco: il corpo del marito. È stato invaso? La loro intimità e intesa sono state violate E ancora: può lei competere con una donna molto più giovane? Ma in un tradimento – o nel gioco della fedeltà, se vogliamo ribaltare la prospettiva – i corpi possono andare e venire. Sono le promesse eterne, come quelle di leggere per primi il romanzo inedito del partner, a non dover essere infrante. Pena l'allargamento irreversibile di quella crepa, che corre sempre più veloce.

Cosa le hai detto?

Il traditore lo chiede all'altro, quello che esiste e basta, che non ha colpe se non quella di inseguire la propria attrazione. «Cosa le hai detto?», chiede Carlo a Sofia quando scopre che sua moglie l'ha seguita per parlarle. La fedeltà di Sofia è verso la sua attrazione per il professor Pentecoste. Protegge dunque il suo segreto per continuare a giocare secondo le sue regole.

Non ha il diritto di saperlo?

Abbiamo diritto di conoscere un tradimento? E, soprattutto, ne abbiamo voglia? Forse, tra gli interrogativi, la scelta tra il sapere e il non sapere resta sempre la più difficile da fare. Ma, ancora, dipende sempre dal soggetto a cui vogliamo essere fedeli: a noi, all'altro, alla coppia.

È meglio usare un finale aperto o uno amaro, com’è giusto che sia?

«La cosa che non puoi dire – dice Anna a una Margherita ormai fuori dalla sua storia – è che le cose succedono e basta: sei tu che le fai succedere». Ecco, in Fedeltà succedono tantissime cose in una narrazione ritmica e concitata. Ma sin da subito si sgombera il campo da un altro grande “malinteso”. Non si tratta di destino, ma di scelte consapevoli, tutte, che inevitabilmente producono un butterfly effect a volte dirompente. Del resto, «Chi di noi non si è mai trovato davanti a una verità scomoda?». La differenza la fanno solo le risorse che abbiamo dentro per affrontarla.

Ecco a chi dobbiamo la nostra fedeltà

A chi dobbiamo, dunque, la nostra fedeltà? Prima di tutto, a noi stessi. Non c'è matrimonio, uomo o donna, famiglia, romanzo o progetto che la meriti più di noi stessi. È quando smettiamo di essere fedeli a noi stessi, che ci facciamo male. Nella scena di una presentazione in libreria, viene pronunciata questa frase: «La vita è ciò che resta dopo ogni bivio». La parte difficile è scegliere la direzione che ci permette di rimanere fedeli a ciò che conta davvero.