special

SOS depressione: lo speciale

PEOPLE: L'ATTUALITA'
PEOPLE: L'ATTUALITA'

Depressione infantile: cos'è, cosa fare, gli errori da evitare

Spesso etichettati come violenti e capricciosi, i bambini che soffrono di depressione nascondono dietro questi comportamenti una richiesta di aiuto, che il genitore per primo deve cogliere.

Spesso etichettati come violenti e capricciosi, i bambini che soffrono di depressione nascondono dietro questi comportamenti una richiesta di aiuto, che il genitore per primo deve cogliere.

Quattro esseri umani su 100 sono affetti da depressione. In Italia 3,7 milioni di persone ne soffrono e iniziano a essere messi in evidenza i primi numeri sulla depressione infantile. Secondo l'Oms i bambini in età prescolare (0-6 anni) affetti da depressione in Italia sono lo 0.31%, quelli tra i 6 e gli 11 anni sono tra lo 0,4% e il 2,5%, mentre nella fascia adolescenziale (12-18) i casi salgono a una percentuale compresa tra il 4% e l'8,3%. Secondo l'Oms i casi di minori depressi di età 0-18 anni sono compresi tra il 10% e il 20% della popolazione mondiale.

Ma cos'è la depressione infantile, come riconoscerla e come agire se i nostri bambini manifestano i primi sintomi?

Abbiamo chiesto qualche consiglio a Nerina Fabbro, psicologa e psicoterapeuta presso il servizio di neuropsichiatria infantile dell'azienda sanitaria universitaria integrata di Udine ASUI UD. Fabbro è anche una docente dell'Università di Udine e autrice del libro Psicoterapia con i bambini e le famiglie (Raffaello Cortina).

La depressione infantile è un disturbo dell'umore, proprio come quella che colpisce gli adulti, solo che si esprime con sintomi e sofferenze diversi. Il bambino può apparire triste, apatico. Può perdere interesse in cose che prima amava fare, come sport o altre attività ludiche. In più ci possono essere comportamenti sintomatici come aggressività, irritabilità e altri comportamenti difficili da gestire.

Si possono anche verificare alterazioni di funzioni fisiologiche già raggiunte come la minzione notturna. Il bambino potenzialmente depresso può soffrire di disturbi del sonno, dell'appetito, risvegli precoci, diminuzione della motivazione e dell'energia. Se questi sintomi durano più di 4 settimane, bisogna rivolgersi al medico di base e iniziare le indagini.

«I primi segnali - spiega Fabbro - possono comparire nel gioco o nel disegno, specie se vengono riprodotte tematiche di morte. Inoltre, è importante tenere d'occhio eventuali difficoltà scolastiche».

Benché non si tratti di un disturbo biologico, anche la depressione infantile ha delle cause. «Nel bambino la depressione è un disturbo reattivo agli eventi del contesto in cui vivono, che in un dato momento non favoriscono il benessere del bambino - puntualizza l'esperta -. Tra questi, la familiarità con disturbi dell'umore di cui soffre uno dei componenti familiari a lui vicini».

I bambini possono sviluppare depressione anche a causa di momenti familiari difficili, come un lutto, problematiche lavorative dei genitori, cambi di routine nella vita quotidiana (traslochi o cambi di scuola). Tra gli eventi negativi ricadono anche un'eventuale malattia del bambino o di qualche membro della famiglia, conflitti familiari, abusi, maltrattamenti, violenze domestiche, bullismo e incapacità di adattamento al contesto scolastico.

«Un altro fattore di rischio è la svalutazione del bambino, che può sfociare in scarsa fiducia in sé e a una relativa situazione di scompenso».

Se ci si accorge dell'esistenza di uno o più sintomi in relazione a uno o più fattori di rischio, la prima cosa da fare è parlare con il pediatra del bambino nella fascia d'età 0-14, o con il medico di base per ragazzi d'eta compresa tra i 14 e i 18 anni. Se dopo il primo passaggio, c'è una grossa preoccupazione il pediatra invierà il genitore verso un privato o una struttura sanitaria.

«Parallelamente anche il genitore può fare tanto - spiega la psicologa - Per prima cosa, deve ascoltare attivamente ciò che il bambino vive e sente, parlarne con lui, non tanto dell'umore - di cui a volte i bambini non sono consapevoli - ma di quello che gli succede, nella vita scolastica o familiare, in modo che il genitore possa cogliere i fattori di stress che stanno agendo sul bambino. A volte i piccoli non raccontano, sono imbarazzati, altre volte fanno fatica. Quindi bisogna aiutarli a esprimersi. Il genitore deve aiutare il bambino a dare un nome alle emozioni».

«Un tempo non si pensava che i bambini potessero soffrire di depressione - spiega Fabbro -, li si etichettava come dispettosi o capricciosi. Per fortuna oggi gli studi sul tema sono aumentati». Con essi anche i corsi di formazione per i pediatri e medici di base sulla depressione infantile. Mentre la depressione nell'adolescente è più simile a quella dell'adulto, quella nei bambini è più subdola e va monitorata.

Se c'è il sospetto o la conferma che il bambino soffre di depressione, ci sono alcuni errori fondamentali da evitare.

  1. Il primo: non riconoscere lo stato emozionale del bambino. «Il genitore non capisce che certi comportamenti come l'aggressività sono riconducibili alla patologia e incolpa il bambino», sottolinea l'esperta.
  2. Il secondo errore più frequente è sottovalutare le preoccupazioni che il bambino sta vivendo in quel momento: «è fondamentale osservare, ascoltare, capire molto».
  3. Non ci si deve arrabbiare davanti a somatizzazioni, mal di pancia e mal di testa: «il genitore non crede ai capricci e si arrabbia davanti a questi comportamenti. Vanno regolati certo, ma ci si deve anche chiedere perché succedono».
  4. Infine, il quarto errore da non fare è non trovare mai tempo per il bambino. «Siamo tutti presi da ritmi intensi - puntualizza la terapeuta -. Compito di un genitore è dire: ora non posso, ma domani sì ed esserci davvero, per far sì che il bambino possa sentirsi ascoltato e aiutato».

Il lavoro più importante è nelle mani dei genitori ed è con loro che i terapeuti lavorano di più. «Devono analizzare la situazione, riconoscere i fattori di rischio e di stress e risolverli - spiega Fabbro -. Se scopriamo che ci sono conflitti all'interno della famiglia, vanno risolti».

Oltre al tempo solo per loro, bisogna normalizzare la vita del bambino, mantenere routine quotidiane e abitudini, coinvolgendo i bambini in attività che gli piacciono per aiutarli a superare i momenti negativi. E soprattutto: non aspettare passivamente che "passi". La depressione può cronicizzarsi: cercare aiuto nei tempi giusti può essere fondamentale.

Un altro compito importante per i genitori è insegnare ai propri figli la resilienza alle situazioni negative. I bambini sono spesso iperprotetti, mentre quello che un genitore deve fare è far affrontare al proprio figlio tutte le difficoltà che sono nelle possibilità di risoluzione del bambino. «Lo segue, lo osserva, gli dà degli strumenti, è d'esempio, ma alcune situazioni le fa affrontare al bambino - suggerisce Fabbro -. Una ricerca americana ha studiato gli elementi che fanno sì che un genitore è un buon genitore. Al primo posto c'è l'amore per il figlio - che non è scontato - per quello che è. Al secondo posto c'è l'insegnare al figlio ad affrontare le sue situazioni di stress, aiutandolo. Poi c'è la qualità della relazione tra i genitori, uniti o separati che siano».

«Dopo un amore prodigato a piene mani, devo aiutare il bambino a camminare con le sue gambe - spiega l'esperta, che aggiunge -. Crescere dei figli è un lavoro. Non basta esserci per i compiti, momento che genera tensione. Il tempo dedicato è quello che trascorriamo insieme a fare qualcosa che piace a entrambi ed è un momento durante il quale posso passare a mio figlio una serie di informazioni, riflessioni, strategie». È da qui che inizia la costruzione di bambini - e poi adulti - capaci di affrontare la vita con tutti i suoi alti e bassi.