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Togliersi le scarpe in casa, utile: sì o no?

Hanno ragione i giapponesi, per cui togliere le scarpe in casa è un obbligo in qualsiasi circostanza? Oppure possiamo convivere serenamente con i microrganismi annidati nelle suole? Cerchiamo di capire cosa dice la scienza al proposito.

Hanno ragione i giapponesi, per cui togliere le scarpe in casa è un obbligo in qualsiasi circostanza? Oppure possiamo convivere serenamente con i microrganismi annidati nelle suole? Cerchiamo di capire cosa dice la scienza al proposito.

In Giappone sarebbe impensabile entrare in casa di un amico senza togliersi le scarpe e riporle nel genkan (l’anticamera che separa l’interno dall’esterno), rivolte ordinatamente verso l’uscita per poterle rindossare più comodamente. L’idea può sembrarci un po’ contro intuitiva, ma addirittura gli operai si tolgono le scarpe prima di entrare in un ambiente che devono ristrutturare. In Australia, invece, è la normalità rientrare dal lavoro e andare direttamente a sedersi sul divano o in cucina, con le stesse scarpe con le quali si è passata l’intera giornata tra ufficio e mezzi pubblici. In Italia, il quadro è un po’ più sfumato: tantissimi indossano le pantofole in casa propria, ma si sentono un po’ in imbarazzo a chiedere agli ospiti di fare lo stesso. Ma chi ha ragione? Potrà sembrare sorprendente, ma la scienza non è ancora in grado di dare una risposta netta a questa domanda.

Gli ospiti indesiderati delle nostre scarpe

Partiamo da un dato di fatto: sì, le suole delle nostre scarpe sono un ricettacolo di microrganismi. Nel 96% dei casi portano con sé l’Escherichia coli, un batterio fecale che, in caso di infezioni, può provocare vomito, diarrea e crampi addominali. Per giunta, l’E.coli è in buona compagnia.

Lo scopriamo grazie al DustSafe program, un monitoraggio dei campioni raccolti dagli aspirapolveri domestici. I promotori, due chimici ambientali, descrivono i risultati in un articolo pubblicato da The Conversation. E, oggettivamente, fanno un po’ impressione. Si parla di batteri resistenti agli antibiotici, gli stessi che sono responsabili di molte infezioni ospedaliere; dei famigerati Pfas (sostanze perfluoroalchiliche), ampiamente usati nell’industria per le loro proprietà impermeabilizzanti, anche detti “forever chemicals” perché permangono per sempre nell’ambiente; microplastiche; tracce di metalli tossici come il piombo, il cadmio e l’arsenico.

Ma i germi sul pavimento sono davvero pericolosi?

A questo punto subentra la domanda successiva: questi contaminanti costituiscono realmente un pericolo per la salute di chi in quella casa ci abita? Un articolo pubblicato dal New York Times, dopo aver interpellato svariati esperti, ci invita a ridimensionare le nostre paure. 

Per entrare effettivamente in contatto con questi microrganismi non basta camminarci sopra, ma bisogna toccare le scarpe con le mani e poi portare queste ultime alla faccia o alla bocca, senza averle lavate con cura nel frattempo. Un altro veicolo di contagio è quello di mangiare cibo che è caduto sul pavimento. E la famosa regola dei cinque secondi, cioè quella per cui il cibo raccolto da terra è sicuro se si consuma immediatamente? Anche su di essa sono stati condotti degli esperimenti, senza però riuscire a dimostrarne la validità. 

Insomma, leggendo l’articolo del New York Times la conclusione sembra questa: ben venga tenere le scarpe in casa, purché ci si comporti più o meno come si fa in qualsiasi luogo pubblico, evitando di entrare in contatto con ciò che sta per terra. Chiaramente il livello di precauzione deve salire se in casa ci sono bambini oppure persone immunodepresse.

 

Foto apertura: maru/123rf.com