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La rivincita di Erika e Martina: «All'omofobia rispondiamo raccontando l'amore»

Le due ragazze creatrici della pagina Instagram Le perle degli omofobi raccontano il lungo cammino fatto dagli insulti al primo risarcimento e scuse pubbliche ricevute grazie al lavoro di AntiHater.

Le due ragazze creatrici della pagina Instagram Le perle degli omofobi raccontano il lungo cammino fatto dagli insulti al primo risarcimento e scuse pubbliche ricevute grazie al lavoro di AntiHater.

Martina, 25 anni, ed Erika, 23 sono due ragazze che possono vantare una conquista importante: aver ricevuto scuse pubbliche e un risarcimento da un omofobo. Stanno insieme da quasi quattro anni e, dopo aver deciso di non nascondersi più e di raccontare il loro amore anche attraverso i social, «come una coppia normale», hanno dovuto far fronte a una valanga di insulti e commenti terribili. Hanno trasformato quell'ondata di odio in una profilo ironico su Instagram chiamato Le perle degli omofobi.

Oggi quello spazio prende poco in giro i leoni da tastiera che “ruggiscono” millantando purezza religiosa e rettitudine morale. Oggi Martina ed Erika dedicano il proprio tempo a vivere e a raccontare il proprio amore. A chi ha paura e si nasconde, a chi non riesce a vivere alla luce del sole, a chi teme gli insulti dicono: «Non siete soli. Meglio non nascondersi e vivere felici».

Le perle degli omofobi

Martina ed Erika, come vi siete conosciute?
Erika: È successo quattro anni fa, quando facevamo entrambe le figuranti ballerine a Furore. 
Martina: Eravamo in 90, ma io l'ho notata subito e dopo due giorni le ho chiesto di uscire insieme.

Quando è nata "Le perle degli omofobi". Com'è nata quest'idea?
E: Un anno e mezzo fa io e Martina eravamo al mare e abbiamo fatto una foto in cui ci davamo un bacio a stampo. L'abbiamo pubblicata sui nostri social. Una ragazza ci ha chiesto di usare l'immagine per parlare di amore e lanciare un messaggio positivo di uguaglianza, ma sotto il suo post e poi sotto la nostra foto sono arrivati insulti pesantissimi. La notizia ha iniziato a girare sui giornali, ma dopo l'iniziale scombussolamento ci siamo tranquillizzate. Poi abbiamo pubblicato un'altra foto, in cui eravamo solo molto vicine ed è successo di nuovo: gli insulti, i giornali... Allora abbiamo deciso di fare qualcosa: abbiamo creato un profilo dove usavamo l'ironia per combattere gente che ci diceva che l'omofobia non esiste e che volevamo fare solo le vittime. 

Cos'è successo dopo?
E: Abbiamo iniziato a pubblicare i commenti di coloro che ci insultavano censurando i nomi, commentando con ironia e lasciando un messaggio positivo. L'obiettivo era quello di vendicarci, di prenderci la nostra rivincita verso l'ignoranza e quelle persone che credono che l'Italia sia un paese libero. Poi la pagina è cresciuta e abbiamo iniziato a parlare di omosessualità in modo diverso.

Quanto ha contato essere in coppia davanti a quegli insulti?
E: Tantissimo: da sole non l'avremmo affrontata così. Avevamo il supporto l'una dell'altra.

Sui social condividete apertamente la vostra quotidianità e la vostra storia d'amore: come vi siete sentite quando avete iniziato a farlo?
E: Molto più libere. I primi sei mesi della nostra relazione li abbiamo vissuti di nascosto per paura del giudizio degli altri. Ma questo atteggiamento funziona fino a un certo punto. Abitiamo a circa 80 km di distanza e le bugie a lungo andare non potevano funzionare. Così abbiamo iniziato a fregarcene e a vivere la nostra relazione in modo libero, come tutti gli altri. Quando ti nascondi per un po' di tempo hai voglia di far vedere solo quanto sei felice. 

Le vostre famiglie sapevano della vostra storia?
M: In realtà no perché non lo sapevamo neanche noi. Non avevamo avuto esperienze con altre donne. 
E: Avevo avuto altri pensieri sulle donne, ma non ci avevo dato peso. In passato mi ero anche fidanzata per fare ciò che facevano gli altri. L'ho scoperto conoscendo Martina e ho provato per la prima volta l'amore vero.

Avete ricevuto molti messaggi. Alcuni di sostegno, molti di odio. Vi siete rivolte alla startup AntiHater. Cosa vi ha spinto a scegliere loro per difendervi?
E: Abbiamo provato più volte a denunciare queste violenze verbali ai Carabinieri, ma senza una legge contro l'omofobia e la transfobia non possono fare molto. Abbiamo denunciato cose un po' più gravi: insulti, minacce di morte e dopo un anno non abbiamo avuto alcuna risposta. Siamo tornate in commissariato una seconda volta, ma loro stessi ci hanno consigliato di desistere. Del resto chi ci insultava, sapeva benissimo che non esiste una legge che possa perseguirli. Ci chiedevano: «Che fai? Mi denunci?», sapendo che non potevamo fare niente. Eravamo impotenti. Poi abbiamo scoperto Antihater e in poco tempo ci hanno fatto ottenere il primo risarcimento e le scuse. 

M: Hanno fatto tutto loro ci sono stati vicino e in poco tempo ci hanno portato una piccola vittoria, una rivincita personale. Ci hanno fatto capire che qualcosa si può fare.

L'esito del processo legato a questo commento, che ha portato il colpevole anche a risarcirvi con 1.000 euro di multa, cosa insegna secondo voi? E quale messaggio lancia a chi è vittima di omofobia e odio?
E: Siamo certe che chi ci ha insultato non lo farà più. Magari ha capito qualcosa, ma sicuramente non lo farà più anche per la somma pagata, che pesa. Un odiatore in meno, insomma.
M: A chi è vittima: non siete soli. Mi rivolgo specialmente a chi non ha alle spalle una famiglia che li accetti e che quindi subiscono e basta. C'è gente che può aiutare e le ingiustizie possono essere riparate.

Antihater-

Come si combatte l'omofobia?
M: Secondo me il modo più efficace per farlo è mostrare al mondo la vita quotidiana di una coppia omosessuale e transessuale, raccontandone la normalità: facciamo la spesa, litighiamo, facciamo ciò che fanno tutti. Alcuni ci hanno scritto «Prima ero omofobo, ma guardando la vostra vita ho smesso di esserlo». Più che la risposta odio per odio, è meglio rispondere mostrando l'amore.
E: Ho fatto un percorso interiore: prima ero molto nervosa e aggressiva e volevo sempre rispondere. Per fortuna Martina mi ha insegnato a lasciar andare. Andando avanti, ho iniziato ad abituarmi. Avendo anche lei vicino, ho iniziato a reagire in modo diverso e ho capito anche io che mostrare l'amore è meglio. Oggi abbiamo tanti fan: meglio concentrarsi sui messaggi positivi.

Cosa consigliate a chi ancora si nasconde e non trova il coraggio di vivere la propria sessualità alla luce del sole?
E: Di non avere paura, non sentirsi sbagliati, di lasciarsi andare e vivere la propria vita. Tanto chi giudica, lo farà sempre. Mentre la vita è una, e passa: bisogna viverla. Fare coming out mi ha resa libera. Poi ognuno ha bisogno del proprio tempo. Anche farlo attraverso una lettera può aiutare.
M: Lo diciamo spesso a chi ci scrive: siamo veramente in tanti. I social servono anche a questo. Sogno un mondo in cui onn ci sarà nemmeno più bisogno di fare coming out, in cui nessuno troverà “strana” la scelta della persona da amare. Non possiamo negare che c'è ancora bisogno di raccontare e spiegare. Ma meglio non nascondersi e vivere felici, cercando di essere altruisti con noi stessi.