Psiche
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Cos’è la toxic positivity o positività tossica

Il pensiero positivo è un nostro alleato, ma solo se si mantiene su livelli fisiologici. Quando diventa un'ossessione si ricade nella positività tossica, che spinge a negare qualsiasi problema e dissuade dal chiedere aiuto.

Il pensiero positivo è un nostro alleato, ma solo se si mantiene su livelli fisiologici. Quando diventa un'ossessione si ricade nella positività tossica, che spinge a negare qualsiasi problema e dissuade dal chiedere aiuto.

Ci hanno insegnato che “tutto bene, grazie!” è l’unica risposta corretta alla canonica domanda “come stai?”. Ci hanno insegnato che l’ottimismo è una virtù da ammirare. Ci hanno insegnato che qualsiasi circostanza, anche la più dura, può essere affrontata con il sorriso. Di base è tutto vero, ma fino a un certo punto. Quando il pensiero positivo non è più un moto spontaneo bensì un’imposizione che schiaccia le nostre reali emozioni, siamo alle prese con la toxic positivity o positività tossica, un cortocircuito che fa più male che bene alla nostra salute psicologica. 

Cos’è la toxic positivity 

Partiamo da un presupposto: i pensieri positivi sono nostri alleati, quando si mantengono su un livello sano. Si parla di positività tossica in psicologia quando l’ottimismo forzato è ritenuto come l’unica possibile soluzione a qualsiasi difficoltà, dal banale imprevisto quotidiano fino al lutto in famiglia, negandosi così la possibilità di esprimere – o anche soltanto di provare – qualsiasi altra emozione. Fingere che vada sempre tutto bene, però, non risolve i problemi. Al contrario, li nasconde sotto il tappeto e dissuade dalla scelta più saggia: chiedere aiuto.

Come riconoscere la positività tossica 

Descritta in termini così teorici, la toxic positivity può sembrare un qualcosa di lontano. In realtà prima o poi l’abbiamo sperimentata tutti, tanto più in un periodo destabilizzante come la pandemia. Ecco qualche frase-tipo che dovrebbe far suonare un campanello d’allarme.

“Non ho il diritto di lamentarmi”

Questa è uno degli auto-sabotaggi più pericolosi: non abbiamo il diritto di lamentarci perché, da qualche parte, c’è qualcuno che sta peggio di noi. Perché è pericoloso? Perché innesta in noi la sottile convinzione per cui mostrarci deboli sia motivo di vergogna. Come se da un lato ci fossero quelli bravi, sempre forti e felici; e dall’altro lato gli ingrati che si prendono il lusso di esprimere il proprio sconforto.

“Potrebbe andare peggio”

Torniamo con la mente a una situazione che tutti noi abbiamo conosciuto molto bene, il lockdown. Ci siamo trovati da un giorno all’altro rinchiusi tra quattro mura, lontani dai nostri affetti, magari in cassa integrazione, immersi nella totale incertezza sul futuro. Da qualche parte, però, c’era una vocina pronta a tacitare le nostre legittime paure: “Potrebbe andare peggio, c’è gente in terapia intensiva”. Questo è vero, ed è fondamentale portare il massimo rispetto per chi ha vissuto in prima persona la malattia. Ma è vero anche che ciascuno di noi, per un motivo o per un altro, si è sentito spaesato.

“Ogni evento può insegnarci qualcosa” 

Cercare di dare un senso agli eventi è una costante della storia umana, ed è fondamentale per riuscire a reagire. Ciò non toglie, però, che gli eventi negativi possano travolgerci all’improvviso, anche quando non abbiamo fatto nulla per meritarli. Magari in futuro ne trarremo davvero un insegnamento, ma non dobbiamo sentirci obbligati a essere positivi e razionalizzarli subito. 

“Andrà tutto bene”

Durante il primo lockdown della primavera 2020 gli arcobaleni disegnati dai bambini hanno colorato le nostre città deserte, accompagnate da quello che è diventato un mantra: “Andrà tutto bene”. Sdrammatizzare, approfittando del tempo libero per impastare pizza, è una delle reazioni possibili; ma l’ottimismo forzato non deve diventare una prigione.

Che conseguenze ha sulla salute

A lungo andare, quest’ossessione per la positività può intaccare il benessere psicologico. Vediamo qualche esempio.

Sottovalutare sintomi seri 

Tutti abbiamo un amico che si dispera per qualsiasi inezia; e a questa categoria di persone farebbe bene rispolverare un po’ di pensieri positivi. Ma c’è anche chi è imbrigliato in una relazione tossica o disfunzionale, subisce violenza fisica e psicologica, è perennemente sotto stress, ma non ha il coraggio nemmeno di ammetterlo con sé stesso perché la positività tossica lo obbliga a minimizzare ciò che sta vivendo.

Non riuscire a comunicare 

In qualsiasi relazione umana, che sia con il partner o con i colleghi di lavoro, possono insorgere dei problemi. La toxic positivity porta ad auto-censurarli, prenderli sottogamba, liquidarli con un sorriso forzato. Così facendo, però, i problemi restano lì, non vengono risolti né tanto meno comunicati. E prima o poi riemergono, aggravati dal fardello del non detto.

Non riuscire a elaborare un lutto 

Di fronte a un lutto la toxic positivity esorta a reagire, essere forti, trovare un appiglio in un futuro più luminoso. In realtà si tratta di un trauma che va elaborato nel corso del tempo, anche concedendosi i propri momenti di dolore e solitudine. Bisogna ricordarsene sia quando lo si vive in prima persona, sia quando ci si rivolge a chi ci sta passando.

Non chiedere aiuto 

L’ossessione per la positività impedisce di esprimere a parole i propri problemi e, quindi, di chiedere aiuto. Eppure, chiedere aiuto – a un genitore, al partner, a un medico, a un amico, a uno psicologo – è uno dei gesti più semplici e rivoluzionari che esistono. Ed è un diritto di cui nessuno si dovrebbe privare.

Perché non è “sano” ottimismo 

Nelle immagini di Inside Out, l’indimenticabile film Pixar del 2015, le emozioni primarie hanno l’aspetto di buffi personaggi animati. Gioia è una fatina dal sorriso smagliante, mentre Tristezza è più bassina, infagottata in un maglione a collo alto, col volto nascosto dietro grossi occhiali.

Inizialmente Tristezza appare come la guastafeste che oscura con un velo grigio i ricordi felici della piccola protagonista, Riley. Man mano che la trama si dipana, però, diventa sempre più chiara una cosa: sono proprio i momenti più bui a spingere Riley a esprimere ciò che prova, cercando il conforto da parte dei genitori e consolidando il legame con loro. A forgiare la sua personalità è proprio il mix delle varie emozioni: tutte sono ugualmente preziose, anzi, vitali. 

Ecco, questa storia ci spiega alla perfezione perché la toxic positivity ci porta fuori strada. Impariamo a riconoscere, accettare e vivere intensamente tutte le emozioni, anche quelle che semplicisticamente vengono bollate come “negative”. Fanno tutte parte della nostra storia e definiscono ciò che siamo.

>>Leggi anche: Perché è importante saper dire di no

Foto apertura: geeratii / 123rf.com