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Ricomincio da Lisbona: la nuova vita di Paola, mamma, single e felice

La storia di Mariapaola, single “di una certa età” che dall’anno scorso si è trasferita a Lisbona. Dove si sta costruendo una nuova vita e carriera.

La storia di Mariapaola, single “di una certa età” che dall’anno scorso si è trasferita a Lisbona. Dove si sta costruendo una nuova vita e carriera.

Milanese «nata per sbaglio sul Lago Maggiore», ritrovatasi sulla Riviera di Ponente e, adesso, agli inizi di una nuova vita in Portogallo. Una parabola decisamente non banale quella di Paola Maggioni, passata dalla Milano da bere alla Lisbona da scoprire, assaporare, amare, consigliare. In mezzo una bella porzione di vita, due figli già grandi e altrettante relazioni importanti, per un presente da single “di una certa età” che non le pesa affatto. Anzi.

paola maggioni

Paola Maggioni

Facciamo un passo indietro. Ci racconti la sua prima vita.

Dopo aver frequentato il Cesma di Milano sono andata a lavorare in un’agenzia di pubblicità. Era metà degli Anni 80, si stavano affermando le tv private e c’era il boom della pubblicità. Le possibilità lavorative erano enormi, ogni due-tre anni cambiavo agenzia e alla fine mi sono ritrovata in una realtà internazionale. Questo fino a metà del decennio successivo. Nel frattempo mi sono sposata con il papà del mio primo figlio Lorenzo, che è americano. Il matrimonio è durato poco e già nel 1999 ero in fase di separazione.

E cosa ha fatto?

Mi sono vista in un turbine di vita complesso, viaggiavo molto e avevo un bimbo piccolo. Ero in balia di babysitter, amiche e mamma che mi aiutavano. Così nel 1999 ho preso baracca e burattini, Lorenzo e due gatti e mi sono trasferita a Finale Ligure, dove avevo una casa di vacanza. Pensavo potesse essere una svolta esistenziale. Però non avevo un lavoro.

Niente smart working all’epoca…

Eh no (ride, ndr)! Nel mio campo non c’era niente e, comunque, avevo intenzione di fare altro, anche se non sapevo cosa. Per sei mesi ho gestito il negozio di una signora milanese, lei faceva collane meravigliose e io infilavo perle. I milanesi che d’estate mi vedevano impegnata in questa attività nella piazza di Finalborgo strabuzzavano gli occhi: «Ma dove sei finita?». Io rispondevo che non mi mancava niente, felice di essere andata a vivere al mare.

E dopo questo primo periodo?

Nel frattempo ho conosciuto il papà di Tommaso, il mio secondo figlio, un artigiano di Finale Ligure che trattava antiquariato, un artista del legno. Insieme abbiamo aperto un emporio solidale, dove vendevamo usato rimesso a posto. A un certo punto ci siamo messi d’accordo con le associazioni solidali di Finale Ligure, creando una struttura che in parte manteneva chi la gestiva e in parte aiutava le persone bisognose. A quel punto avevo agganciato il sociale che era sempre stata la mia vocazione, capendo che era quella la strada.

Dopo questo aggancio, come ha proseguito?

Frequentando le parrocchie – sono molto credente – sono andata a parlare con i responsabili della Caritas della diocesi. Dopo un processo abbastanza lungo sono riuscita ad aprire un centro di ascolto dedicato ai migranti: non c’era e ne vedevo necessità, iniziando a quei tempi il fenomeno migratorio. Gestivo 25 volontari. Dopo qualche anno di Caritas ho cominciato a dare una mano anche nei centri accoglienza. Intanto i figli crescevano e io mi trovavo di nuovo da sola.

Il momento di una nuova svolta?

Lorenzo, che era andato negli Stati Uniti, dopo la laurea è rimasto a vivere a Los Angeles. Tommaso mi ha detto che voleva fare l’attore, per cui sarebbe andato all’estero. Io, che vivevo in campagna, ho iniziato a pensare al mio futuro lì. Avendo una passione per il Portogallo, dove ero andata diverse volte in vacanza, mi sono detta: parto, mi trasferisco a Lisbona. Così, a febbraio dell’anno scorso ho comprato comprato un biglietto di sola andata per il 7 di luglio, perché il giorno dopo c’era concerto di Gregory Porter, che volevo tanto vedere. L’ho visto come un segno del destino.

Così, Portogallo senza alcuna esitazione o c’è stata qualche altra destinazione possibile?

Ho pensato per un attimo alla California, non mi piacciono gli Stati Uniti ma lì forse puoi ancora vivere. Però ho deciso di rimanere in Europa: requisito essenziale la presenza dell’acqua, dopo vent’anni di mare non sarei riuscita a farne a meno. E qui c’è l’oceano…

Dal momento della decisione alla partenza come ti sei mossa?

L’ho detto a tutti a Finale Ligure. Dopo il medico e il farmacista, in città c’era Paola (ride, ndr)! Tutti si sono dimostrati felici per me, dicendomi che stavo facendo bene e che sarebbe andata nel modo giusto. In diversi mi hanno detto che avevo un bel coraggio. Per quanto riguarda il lavoro, avevo pensato di poter lavorare nel sociale, però parlando con dei referenti Caritas ho capito che sarebbe stato impossibile. Lisbona, ho pensato, sta vivendo un boom immobiliare: come me c’è tanta gente che sta pensando a una seconda vita, potrei avviare un progetto dedicato a chi non è fisicamente in Portogallo ma lì vuole acquistare. A marzo ne ho parlato con un’amica di Milano, che ha deciso di sostenere questo progetto nei primi mesi.

E così, a luglio è arrivata a Lisbona. Dove abita?

Ho deciso di non andare a vivere da sola. Dopo l’esperienza ventennale in campagna, isolata, volevo vivere in città. Ho trovato questo ingegnere portoghese, una persona meravigliosa che ha una casa molto grande, che divido insieme a lui e alla figlia di nove anni. Viene qui una settimana sì e una no: anche lui è separato. Mi sono trovata in un ambiente famigliare con un bambino; avevo anche pensato di fare la nanny qui, dato che amo i bambini ma il nipotame è ancora lontano avendo figli giovani… Quindi si è incastrato tutto alla perfezione. Ognuno fa la sua vita, ci troviamo bene anche se ci vediamo poco, scherzando diciamo che abbiamo una relazione perfetta.

In che zona di Lisbona è questa casa in condivisione?

Nella zona est, riqualificata dopo l'Expo del 1998. il quartiere si chiama Marvila. È un’area molto aperta con il fiume Tago che sembra il mare: lo vedo dalla finestra della camera, l’idea di vedere sempre l’acqua mi piace.

Come trascorre le giornate della sua nuova vita lusitana?

Sono qua da sei mesi, sono nella fase in cui sto studiando portoghese, esplorando i vari quartieri per capire il mercato immobiliare. Ogni giorno faccio dieci chilometri a piedi, la sera vado a eventi musicali spesso all’aperto. Mi sono iscritta a un corso di samba, ho fatto tante conoscenze importanti, in un ritorno alla città che mi era mancata.

E che città è Lisbona?

Lisbona è la capitale dei nomadi digitali, che ospita tanti investitori. La comunità francese è numerosa, come quella cinese e statunitense. E poi ci sono tantissimi brasiliani. La cultura portoghese è diversa dalla nostra, è un popolo meraviglioso, cordiale e rispettoso ma un po’ chiuso rispetto chi non è del posto. Per questo frequento altri expat. Avevo una sensibilità verso chi migra e adesso sono io la migrante. I 13 anni in Caritas mi sono serviti più dei dieci e passa in pubblicità.

Mi pare che non abbia nominato gli italiani, non li frequenta?

Ma no, c’è chi all’estero preferisce frequentare i connazionali, non dico che non sia utile fare comunità, ma non sono una che se li va a cercare. Preferisco mescolarmi con l’umanità, è una cosa che arricchisce, anche per la lingua.

A proposito di lingua, è l’unico ostacolo che ha al momento?

A volte c’è anche la solitudine, diversa da quella che puoi avere nel tuo Paese, dove sei in una comfort zone. Ma l’avevo messa in conto. Passato l’entusiasmo dell’arrivo d’estate, quando sembrava di essere in vacanza, ho dovuto tirare fuori le mie risorse. Sto facendo una cosa che avrà successo ma richiede energie, mi dicevo. Ho capito che iniziare a muoversi, a fare i primi passi, è la soluzione per ogni paura.

Magari migliorando nel portoghese, potrà anche tornare a lavorare nel sociale. Per sentirsi ancora di più a casa.

Lo sto già facendo come volontaria. Se faccio parte di una comunità mi piace dare una mano. Mi sono iscritta a Re-Food, associazione contro lo spreco alimentare che recupera cibo da supermercati, ristoranti e mancate consegne dei delivery, distribuendolo poi alle famiglie bisognose. Vado una volta a settimana nel punto di distribuzione vicino casa.

Cosa le manca dell’Italia?

Sono stata a novembre e non vedevo l’ora di tornare in Portogallo. Mi mancano alcune persone, ma la distanza a volte avvicina, poi tra mezzi di comunicazione e voli di poche ore è facile vedersi. Ecco, mi manca il cibo, sicuramente. Qui i prodotti italiani sono difficili da trovare e, comunque, molto cari.

Ecco, parliamo di prezzi, del costo della vita in Portogallo. Affitti, visto che è nel ramo?

Purtroppo anche qua sono in aumento, con tanta richiesta i prezzi salgono. Io sono qui per scelta, ma ci sono tanti portoghesi in difficoltà, gente di 40-50 anni che va a vivere in condivisione per potersi permettere di vivere qui. In Portogallo i salari sono più bassi della media europea, sui mille euro. Cibo e benzina costano però come in Italia.

Per la serie “non vogliamo smorzare l’entusiasmo, ma...”

Qui si sono trasferiti tanti under 35 dal Nord Europa, che con stipendi da 4-5 mila euro qua possono permettersi una vita da signori. Ma anche con pensioni italiane buone si può fare. Con un lavoro normale portoghese si fa fatica. Tanti giovani italiani arrivano qua per lavorare nei call center, sono mediamente soddisfatti ma, ecco, è sempre una situazione temporanea.

Come vive la sua “singletudine” in questa fase di vita?

Solitamente questi passi si fanno in coppia, andando a invecchiare all’estero. La scelta di partire e crearsi un’altra vita da single è in realtà di una facilità estrema se hai volontà, perché non hai vincoli e ti puoi reinventare. A volte mi è stato chiesto: cosa farai da sola? La risposta è nella domanda opposta: cosa non avrei potuto fare in coppia? A questo punto della mia vita sono libera come il vento e non ho paura di fare questo viaggio da sola.

Foto apertura: wirestock @123rf.com