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Omicidio Willy Monteiro Duarte, cosa ci insegnano le parole dei media

La morte del giovane 21enne nero di Colleferro ha portato alla luce un anima nera tutta italiana che forse ancora non sappiamo raccontare.

La morte del giovane 21enne nero di Colleferro ha portato alla luce un anima nera tutta italiana che forse ancora non sappiamo raccontare.

Willy Monteiro Duarte aveva 21 anni. Come tante storie che vengono dall'America, come i tanti omicidi che hanno fatto crescere il movimento Black Lives Matter, anche l'Italia ha dovuto confrontarsi con la rabbia cieca di quattro uomini bianchi che hanno ucciso di botte un ragazzo nero. Il racconto mediatico di questo evento cruento ci ha svelato molto di più di quanto ci aspettassimo.

L'omicidio Willy Monteiro Duarte

Willy Monteiro Duarte, 21 anni, è morto in seguito a un pestaggio subito nella notte tra il 5 e il 6 settembre a Colleferro. L'autopsia eseguita sul giovane ha rivelato «lesioni multiple non solo al torace e all'addome». Gli esami di laboratorio permetteranno di capire l'esatta dinamica del pestaggio. Secondo l’avvocato Domenico Marzi, legale della famiglia Monteiro Duarte, «emergeranno anche dei colpi violenti ed espressione di una tecnica sofisticata per un colpo in particolare, al collo».

La testimonianza di Emanuele Cenciarelli, che era con la vittima e altri amici nella sera in cui Willy è morto, ha permesso di spiccare un'ordinanza di arresto per i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia. Tutti e quattro sono esperti di Mixed martial arts. Emanuele ha dichiarato: «Ho un vivido ricordo di un paio di loro che addirittura saltavano sopra il corpo di Willy steso in terra e già inerme». La colpa di questo ragazzo è stata quella di aver voluto difendere un amico che era stato preso di mira proprio dal branco.

«Era solo un immigrato»

La prima dichiarazione a suscitare stupore e indignazione viene dai familiari dei fratelli Bianchi. «In fin dei conti cos’hanno fatto? Niente. Hanno solo ucciso un immigrato» è stato detto, come se in fondo i quattro non avessero fatto nulla di male. È morto "solo" un extracomunitario. Queste parole sono state pronunciate nel momento in cui i quattro ragazzi sono arrivati alla caserma di Colleferro accompagnati dai parenti ed immediatamente sono state riferite ai militari presenti. Ma di fatto quello di Willy Monteiro è un omicidio. Ed è difficile pensare che questi quattro ragazzi non volessero uccidere questo 21enne come tanti. Quel "solo un immigrato" è lo specchio del valore che si dà in Italia alle persone con un colore della pelle diverso dal bianco.

Le parole sui social

La prima parte del racconto sociale fatta dai parenti degli indagati è solo la punta dell'iceberg. Sui social si susseguono post di solidarietà verso Willy e la sua famiglia. Il premier Giuseppe Conte ha commentato l'episodio, ma senza mai pronunciare una parola sugli assassini. «Dobbiamo piuttosto moltiplicare gli sforzi, in ogni sede e in ogni contesto, affinché i nostri figli crescano nel culto del rispetto della persona e rifuggano il mito della violenza e della sopraffazione». Possiamo considerare la violenza e la sopraffazione dei "miti" o dobbiamo piuttosto pensarli come risposte a un vuoto culturale e morale che da tempo non si riesce a colmare?

Incisiva seppur più sintetica è apparsa Chiara Ferragni. Durante il lockdown la più famosa influencer italiana ha mostrato un nuovo volto: quello di comunicatrice sociale e culturale. All'omicidio di Colleferro ha dedicato parole incisive. «Due giorni fa è stato ucciso Willy Monteiro, italiano 21enne dalla pelle nera da un gruppo di quattro fasci che l'hanno ammazzato a calci». Il riferimento politico al fascismo è da sempre ancorato al fenomeno dello squadrismo e all'attuazione della violenza cieca perpetrata verso i dissidenti. Lei, al contrario dei politici, ha avuto il coraggio di tirar fuori LA parola. «Il problema lo risolvi cambiando e cancellando la cultura fascista e sempre resistente in questo paese, non cancellando il mezzo tramite il cui i fasci hanno fatto violenza. Il problema non lo risolvi nascondendolo sotto al tappeto, lo si risolve con la cultura e l'istruzione». Ripartire dall'insegnamento per ricordare come certe cose, in fondo, sono già successe e stanno ritornando.

L'analisi di ZeroCalcare

Nella giornata di mercoledì 9 settembre Michele Rech, noto anche come ZeroCalcare, ha rotto il suo silenzio e ha espresso con parole lucide ciò che i media nella loro corsa alla sintesi e alla semplificazione non avrebbero mai potuto fare.

Ciao uno su twitter ha scritto che il mio silenzio su questa vicenda era assordante quindi aggiungo le mie 7 banalità al...

Pubblicato da Michele Rech su Mercoledì 9 settembre 2020

A chi ancora non vuole parlare di omicidio legato all'odio razziale, ZeroCalcare risponde: «Il razzismo in questa storia ci sta, perché il razzismo in sto paese è sistemico, è in dotazione di serie, non a caso 9 persone su 10 se litigano co un bianco nel traffico je dicono vaffanculo, se litigano con un nero je dicono negrodimerda, quindi che il fatto che sto pischello fosse nero abbia determinato un accanimento particolare me pare quasi scontato».

Sul richiamo al fascismo, l'artista parla di un copione che «non basta a leggere la complessità di sto mosaico». Anche perché ci sono le cause, le forze motrici che spingono quattro ragazzi a pestarne a sangue un quinto. Ricordiamo che l'obiettivo primario era un'altro: un ragazzo bianco. «Qualsiasi ragionamento che non tiene dentro anche la marginalità culturale (che non se sovrappone necessariamente a quella economica, anzi, alcuni questi stavano impaccati), l'abbandono scolastico, la cocaina che è il copilota di quasi tutto quello che atterra in cronaca di roma, l'ubriacatura de malavita per cui ognuno vuole fa scarface ma colle sopracciglia spinzettate, un'idea de virilità piena de machismo e testosterone che non se trova solo nei gruppi di estrema destra, è un ragionamento monco».

ZeroCalcare prende in esame anche l'uso del termine "fascista" rispetto ai ragazzi di Colleferro che, ad oggi, non risultano vicini a nessun gruppo politico di estrema destra. Anzi, «Qualcuno de zona m'ha detto che questi se avessero potuto avrebbero votato gue pequeno o anna tatangelo, più che qualche partitucolo de estrema destra».

La brutalità dell'omicidio di Willy Monteiro Duarte è il simbolo di un'impreparazione culturale, del vuoto e della marginalità sociali di tanti paesini di provincia. Dare un senso all'esistenza delle giovani generazioni - disilluse, abbandonate a se stesse, avvilite nei valori - e dare un valore alle parole sono alcuni dei punti da cui ripartire.

Foto apertura: Cecilia Fabiano/LaPresse