Psicoterapia, medicina psicosomatica, sport, preparazione al parto: in tutti questi campi, l’ipnosi può essere un valido ausilio. Ne parliamo con la dottoressa Luisa Merati.
Psicoterapia, medicina psicosomatica, sport, preparazione al parto: in tutti questi campi, l’ipnosi può essere un valido ausilio. Ne parliamo con la dottoressa Luisa Merati.Soprattutto se non ne abbiamo mai avuto esperienza diretta, l’ipnosi è un fenomeno che tende a suscitare un mix di fascino e inquietudine. In realtà, l’ipnosi – termine che indica uno stato di coscienza modificato – può fare parte di una terapia condotta da professionisti per affrontare varie forme di disagio psicologico. Ne parliamo con la dottoressa Luisa Merati, medico chirurgo, specialista in psicologia clinica, psicoterapeuta, ipnotista e istruttrice di mindfulness.
Cos’è e come funziona l’ipnoterapia
“Il fenomeno ipnotico come tale è sempre esistito, benché abbia conosciuto nel corso dei secoli denominazioni diverse. Nell’antichità le tecniche ipnotiche sono state impiegate dai sacerdoti egiziani e greci, e dagli sciamani e stregoni nelle società primitive”, spiega Luisa Merati.
Se sentiamo parlare di ipnoterapia eriksoniana è perché “l’ipnosi moderna fa riferimento a Milton Erickson, psichiatra psicoterapeuta nordamericano (1901-1980) che ha messo in evidenza come il fenomeno ipnotico (la trance) sia spontaneo. Parla infatti di trance spontanea come quella che chiunque di noi può sperimentare quando sogna a occhi aperti o si concentra sull’ascolto di un brano musicale o sulla visione di un film. In questi momenti noi andiamo incontro a una trance naturale, durante la quale il nostro inconscio è particolarmente ricettivo. Il terapeuta che usa l’ipnosi può facilitare (indurre) con opportune tecniche il manifestarsi della trance e utilizzarla in psicoterapia, in analgesia, nell’allenamento, nello sport. La trance quindi è uno stato di veglia modificato, che si può manifestare anche durante la vita quotidiana”.
Il rapporto tra paziente e ipnoterapeuta
Usare l’ipnosi a scopo terapeutico, dunque, significa saper indurre la trance al momento opportuno, sulla base dell’obiettivo che si intende raggiungere. “Perché questo accada è necessario che si stabilisca con il paziente un rapporto di fiducia, detto rapport”, precisa la dottoressa Merati.
“In altri termini, è indispensabile che il paziente sia disponibile a farsi ipnotizzare; anzi si può dire che alla base dell’ipnosi c’è una auto-ipnosi”. Insomma, dimentichiamoci l’immagine un po’ stereotipata che ci hanno lasciato in eredità certi programmi televisivi: “È impossibile far fare o far dire a qualcuno qualcosa che non vuole fare o non vuole dire. Le situazioni (scenografiche) in cui si vede un ipnotista che con uno schiocco di dita ordina e ottiene certi comportamenti sono situazioni prefabbricate, in cui comunque la persona ipnotizzata si presta a impersonare un certo ruolo. Così si può dire delle cosiddette rapine sotto ipnosi: il soggetto vittima viene osservato a lungo, viene avvicinato in un momento favorevole in cui può essere indebolito, confuso e distratto e indotto ad automatismi inconsapevoli”, sottolinea la dottoressa.
Cosa cura l’ipnoterapia
Viene dunque spontaneo chiedersi cosa guarisce l’ipnosi: in realtà, è più corretto inquadrarla come una tecnica da adottare all’interno di un percorso terapeutico, per renderlo più efficace. “Durante l’ipnosi è attivo il cervello destro che parla il linguaggio dell’inconscio; attiviamo così la creatività, l’immaginazione e la fantasia. Interveniamo sulla complessa interazione tra psiche, mente, corpo e spirito, mediante verbalizzazioni, racconti metaforici, proposte di immagini”, spiega la dottoressa Luisa Merati. Più nel dettaglio, dunque, l’ipnosi è una pratica che torna utile in:
- tutti i tipi di psicoterapia, sia comportamentale sia dinamica, sia individuale sia di gruppo;
- in medicina psicosomatica, cioè quella che considera la malattia come il risultato della complessa interazione tra corpo e mente;
- nello sport, insegnando agli atleti tecniche di autoipnosi per gli allenamenti e le gare;
- nella preparazione al parto, per gestire ansia e dolore.
“In ogni caso può essere utile l’ipnosi regressiva o regressione d’età: si invita la persona con opportune tecniche a ritornare (in stato di trance) a episodi del passato significativi per poter modificare il vissuto soggettivo in caso di traumi e/o conflitti. Questo percorso va fatto con gradualità e prudenza, tenendo conto che ciò che emerge con la regressione è influenzato dal vissuto soggettivo, dalle emozioni, dalla memoria: è insomma un costrutto molto personale”, continua l’esperta.
Come si diventa ipnoterapeuta
Chiaramente, l’ipnoterapia non si improvvisa. Qualsiasi professionista – medico, psicologo, psicoterapeuta, operatore sanitario – è tenuto a frequentare corsi ad hoc, in linea con le proprie competenze, che lo abilitino a usare l’ipnosi a fini terapeutici all’interno del proprio ambito di azione. “Sarà dovere di ogni professionista che usa l’ipnosi produrre un curriculum che dimostri la propria competenza e diritto di ogni paziente richiederlo”, chiarisce la dottoressa Merati.
Controindicazioni ed effetti collaterali dell’ipnosi
Per concludere, abbiamo chiesto alla dottoressa se per l’ipnosi esistono controindicazioni o effetti collaterali. “Non esiste una induzione standard di ipnosi, ma ogni volta bisogna ritagliarla sulla personalità del paziente, perché ciascuno reagisce a suo modo. In generale possiamo dire che l’ipnosi è controindicata quando sussiste un grave malattia mentale, perché si rischia di complicare uno stato psicotico oppure perché non c’è possibilità di collaborazione, come nelle encefalopatie. In realtà, tutti possono giovarsi dell’ipnosi come pratica di rilassamento, poi ognuno risponde secondo le proprie caratteristiche e secondo il contesto. Quindi il risultato è garantito nel momento in cui si stabilisce un buon rapporto tra terapeuta e paziente e nel momento in cui il paziente abbia determinate caratteristiche, a partire dalla disponibilità a rendersi partecipe al linguaggio metaforico dell’ipnosi. È quindi necessario un colloquio preliminare informativo, seguito da colloqui orientativi per stabilire il rapporto e per capire le aspettative e l’obiettivo”.
Foto in apertura: SHVETS production/Pexels